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 Anno XVI al tempo di Berlusconi di L. Camminiti
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battistis
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eye_bat


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Inserito il - 10/03/2009 : 11:18:41  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di battistis Invia a battistis un Messaggio Privato
beccatevi sto papirone ;D
(che immagino nessun dib(bico) leggerà mai ...)


Anno XVI al tempo di Berlusconi di Lanfranco Camminiti. da Carta.org

Per interpretare e descrivere l#65533;esercizio del potere di Berlusconi si può
provare a usare il concetto di «accumulazione»: Berlusconi costruisce un
potere cumulativo. Un potere cumulativo è un potere dinamico: si esercita
per accumulazione e per l#65533;accumulazione: quanto più ne ha, tanto più ne
necessita...

A novembre 2007 #65533; sono i giorni dei gazebo per la raccolta delle firme
contro il governo Prodi, la cui risicata vittoria elettorale era stata
contestata prima, e poi ostinatamente negata in attesa d#65533;una caduta,
perseguita con ogni mezzo, da un momento all#65533;altro #65533; in piazza San Babila a
Milano Berlusconi strappa con i suoi alleati e le loro incertezze e «fonda»
un partito: è il Popolo delle Libertà, la cui «investitura è democratica
perché tra la gente». È il momento che Giuliano Ferrara battezza come «la
rivoluzione del predellino». Da allora, «regolate le cose» con i propri
alleati #65533; Casini e l#65533;Udc si allontanano ondivaghi, la Lega blinda il patto a
doppia mandata, Fini cerca un proprio profilo personale mentre Alleanza
nazionale viene risucchiata nel partito unico #65533;, dal punto di vista
elettorale a Berlusconi va bene una cosa dietro l#65533;altra. Avesse ragione o
meno, l#65533;effetto è strabiliante: quello che viene percepito è che la
ragnatela delle alleanze necessarie aveva finito con l#65533;imbrigliare la
potenza di Berlusconi e solo la sua capacità di spiazzare, ristrutturare,
concentrare è garanzia di successi. Prima ancora che verso gli elettori «la
rivoluzione del predellino» è cruciale per le macchine politiche intorno
Berlusconi e per definire il rapporto fra Berlusconi e il «personale
politico» di queste macchine. La leadership di Berlusconi non solo adesso è
al riparo da una dialettica politica interna, ma assume un carattere
decisamente indiscutibile, «fuori» dalla dialettica politica interna. La
crisi politica che investe progressivamente la sinistra, prima quella
radicale e poi il Partito democratico che, pure, con l#65533;arrivo di Veltroni
aveva inizialmente creato curiosità e attenzione, suggella ulteriormente la
potenza di questa leadership.
Sono emblematiche #65533; in preparazione del congresso del Partito unico #65533;
diverse dichiarazioni del personale politico del Pdl. Una per tutte, quella
del vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello, che dice
all#65533;Adnkronos: «Chi aderisce ad un partito #65533;carismatico#65533; democratico qual è
il Pdl, non può poi chiedere di eleggerne il leader con uno scrutinio
segreto. Si può semmai discutere sull#65533;opportunità o meno di un voto palese.
E basterebbe leggersi Max Weber per capire che un partito carismatico il
leader non lo elegge per voto segreto, ma lo identifica e lo #65533;riconosce#65533;».
Il richiamo al principio del charismatische Herrschaft, del dominio
carismatico, è interessante benché questa di Quagliarello, che unisce
carismatico e democratico in un ossimoro, suona come una spericolata
innovazione concettuale. Ma forse è proprio qui il punto.

Il potere cumulativo
Per interpretare e descrivere l#65533;esercizio del potere di Berlusconi si può
provare a usare il concetto di «accumulazione»: Berlusconi costruisce un
potere cumulativo. Un potere cumulativo è un potere dinamico: si esercita
per accumulazione e per l#65533;accumulazione: quanto più ne ha, tanto più ne
necessita. È qui insita e evidente la differenza con l#65533;esercizio democratico
del potere, che si basa sull#65533;equilibrio e la distribuzione, ed è
reversibile. E sta qui, altrettanto evidente, la differenza anche con le
«prese del potere» da putsch, da colpo di stato, o da insurrezione che
puntano al presupposto di una precedente accumulazione di una forza
apertamente eversiva per un unico momento e una successiva stabilizzazione.
La forma di governo che risulta dall#65533;esercizio di questo potere dinamico è
quella di un regime che si pone per accumulazione: esso non è mai nettamente
distinguibile, non ha assunto un definitivo aspetto costituzionale. Proprio
per il suo dinamismo oggi è leggermente diverso da ieri e è sempre ancora
possibile che oggi non riesca a accumulare più forza di ieri, ma se accade
la forza accumulata domani sarà irreversibile: la distinzione, insomma, è
sempre ex post, dopo che il potere ha accumulato una relativa nuova forza e
l#65533;ha formalizzata, e nello stesso tempo ne rimane ancora da accumulare.
Rimane cioè sempre un margine di democrazia. Su questo margine di democrazia
viene progressivamente confinata l#65533;opposizione.
Questo potere assoluto che rimane ancora fuori dal potere relativo già
conquistato è la forma stessa della democrazia costituzionale: ma quanto più
potere relativo viene conquistato, tanto più la democrazia costituzionale
assume l#65533;aspetto di un regime. Definire questo regime rimane un esercizio di
categorie per approssimazione, oppure facendo ricorso alle esperienze della
storia: ma nell#65533;un caso e nell#65533;altro, il difetto dell#65533;approssimazione rimane
grossolano, non si attaglia mai perfettamente, quando non è fuorviante #65533; il
regime di Berlusconi non è mai esattamente questo e non è mai esattamente
quell#65533;altro #65533; e lascia buon gioco a Berlusconi stesso. Con ogni evidenza
questa è tutt#65533;ora una democrazia parlamentare con una costituzione
repubblicana. Pure, con ogni evidenza essa è già materialmente diversa dalla
cosiddetta Prima repubblica: la differenza principale sta proprio nel ruolo
assunto da Berlusconi. E, a mio avviso, essa è già materialmente diversa
anche dalla cosiddetta Seconda repubblica: e la differenza principale sta
proprio nel ruolo assunto da Berlusconi. Queste differenze materiali non
rimangono extra legem, non premono da fuori contra legem: assumono
progressivamente aspetti costituzionali. La questione, insomma, della
definizione si riassume nel ruolo e nel potere di una persona sola, che si
pone nello stesso tempo come fonte di un potere acquisito e come termine di
un potere ancora da acquisire.

Il regime «in diretta»
Si è sempre, da più parti, sottolineata l#65533;importanza per il potere di
Berlusconi delle sue attività imprenditoriali legate ai mezzi di
comunicazione, quindi a un suo potere, per così dire, extra-parlamentare.
Lungi dal volerlo sottovalutare, qui però lo si vuole considerare
complementare, almeno al momento, tanto quanto di sicuro è stato invece
fondamentale e centrale nella fase iniziale della sua ascesa al potere,
della sua accumulazione originaria di potere; e complementare non vuol dire
insignificante.
Assistiamo adesso, per così dire, «in diretta» a qualcosa di nuovo, ma non
per questo meno stupefacente: la crescita del potere di Berlusconi a mezzo,
dentro, le forme democratiche, e nello stesso tempo la messa in crisi
progressiva di queste stesse forme sotto l#65533;impeto del potere già accumulato
e la necessità di un maggiore esercizio, fino alla sua extra-democraticità.
Qualunque sia stata l#65533;origine extra-legale del suo potere, e quantunque
tracce se ne possano ancora trovare, la progressiva accumulazione l#65533;ha già
messo al riparo da ogni iniziativa propriamente legale: la forza
«carismatica» si è già costituzionalizzata in autorità e in legge, ma sempre
ne esubera.
Soggettivo o meno, cioè volontario, scelto, stabilito, deciso o meno, il
meccanismo è implacabile e indefinito: conosce limiti ma non pause. Da
questo meccanismo dinamico del potere, i limiti non vengono considerati per
quello che sono: regole, norme, fondamenti, ma piuttosto ostacoli. Ostacoli
da aggirare, superare, abbattere, nel tempo dovuto per accumulare la forza
necessaria per aggirare, superare, abbattere. La «forza» peraltro rimane una
sola: Berlusconi non organizza e guida Fasci di combattimento e Squadre
d#65533;azione, Sturmabteilungen e Schutzstaffel, ma è incontrovertibilmente
sostenuto dalla «opinione pubblica», dal consenso sociale e dal voto
democratico. La differenza, la cesura di questo secondo periodo del potere
di Berlusconi, di questo «nuovo avvento», con il primo sta però qui: ha
verificato che l#65533;opinione pubblica può spostarsi, può abbandonarlo, può
tradirlo se non continuamente sollecitata, stressata, chiamata a schierarsi,
a mobilitarsi, a pronunciarsi. Il periodo del governo è un periodo «operoso»
per il potere dinamico, operoso per accumularne ancora, quindi per costruire
le condizioni per il suo rinnovo. È stato paradossale, ma l#65533;ultima vittoria
di Prodi #65533; con uno scarto di circa ventimila voti #65533; è stata determinata
dagli accorgimenti tecnici di Berlusconi per consentirsi di vincere, un
errore che non si ripeterà: gli aggiustamenti tecnici devono essere
sostenuti a furor di popolo. Le condizioni per il suo assicurato rinnovo,
per l#65533;irreversibilità del mandato, stanno quindi nella deformazione, quando
non nella rottura, delle regole democratiche in maniera «partecipata».
Insomma, Berlusconi esercita un potere democratico per accumularne
extra-democraticità, e alimenta una pubblica opinione perché lo sostenga, lo
inciti, lo legittimi: il potere che ha già non è mai sufficiente per potersi
esercitare appieno; ne chiede ancora, e ancora, e ancora.

Verso la rovina
Il meccanismo di relazione fra la leadership di Berlusconi e la pubblica
opinione passa attraverso la «logica del nemico». A Berlusconi non interessa
questo o quel tema, questo o quel problema, ma questo o quel tema e problema
solo «in quanto» possa essere utilizzato per scatenare un#65533;offensiva contro
il «nemico». Il nemico principale è la «sinistra», anche quando è
evidentemente ridotta in pezzi e, soprattutto, la sua opposizione in
parlamento è condannata dai numeri a essere solo di testimonianza. Ma nemici
possono essere, di volta in volta, la magistratura, i mass media #65533; spesso
sovrapposti alla sinistra #65533;, la presidenza della Repubblica, come pure sono
stati già i suoi stessi alleati. E non interessa neppure vincere
definitivamente su questo o quel tema, quello che conta è l#65533;opportunità di
chiedere ulteriore potere in base alla necessità di combattere meglio il
nemico.
Quello che questo meccanismo scatena non è però un circolo vizioso che gira
su se stesso, o «si scarica» da qualche parte come una presa a terra: tutto
al contrario la determinazione impressa al potere dinamico è per sua natura
distruttiva, anche perché non ha un fine, un#65533;idea, un progetto, un
programma. Nessuno potrebbe e saprebbe spiegare qual è il tipo di economia,
società, costume, leggi, che Berlusconi vorrebbe per il nostro paese. Il suo
«eclettismo» ideologico #65533; ora ultraliberale, ora statalista #65533; è come un
palinsesto televisivo, puoi trovarci di tutto, lo sport e il reality,
l#65533;«approfondimento» e il passatempo, basta fare un po#65533; di zapping.
Berlusconi è un flusso, un canovaccio, un blob di pensieri, battute, gag,
appelli, interventi, barzellette, decreti di legge, dichiarazioni e
smentite, il cui mezzo non sono l#65533;autorevolezza #65533; o quanto meno, non sempre:
per tutto il primo periodo, la sua storia di «imprenditore» era la sua
autorevolezza esibita e sbandierata #65533; ma un progressivo principio di
autorità assoluta. Un principio di autorità fine a se stesso: il
berlusconismo inizia, progredisce e si conclude da Berlusconi a Berlusconi.
Il programma di Berlusconi per l#65533;Italia è Berlusconi stesso.
Il meccanismo del potere dinamico ha per sua legge la rovina. Il potere di
Berlusconi si cheterà solo quando avrà portato il paese alla rovina, perché,
indipendentemente dal suo segno sociale, il potere assoluto per
accumulazione non può che portare alla rovina. Non solo perché è costretto #65533;
per giustificarsi, per esercitarsi #65533; a continui ampliamenti interni e
esterni, attraverso la «produzione di nemici», ma per lo stesso progressivo
meccanismo di identificazione fra sé e il paese. Anche qui, immaginare la
rovina #65533; e non sia detto per iattura, dio solo sa quanto si vorrebbe questi
fossero solo sproloqui #65533; è solo un esercizio per approssimazione.
Ben più che un allarme rosso per un futuro vicino o distante, la questione
si pone qui e ora. Anzitutto, nei confronti di quell#65533;area di pensiero che
elude la questione di Berlusconi, spersonalizzandone il potere e spostando
l#65533;attenzione sui fenomeni sociali che esso rappresenterebbe, con le migliori
intenzioni di intervenire su questi fenomeni per sgretolare il consenso
intorno a Berlusconi. Quello che questa intenzione non prende in
considerazione è il carattere specifico proprio assunto adesso dal potere
dinamico di Berlusconi: esso, è vero, si alimenta del consenso, ma pure lo
produce. Per quanto trasversale il consenso possa essere, per quanto si
possa rintracciare in una composizione di interessi privati, esso è univoco
e non frammentabile. Semmai, anzi, può dare ascolto, su una specifica
questione, a altre voci, ma sempre si riconduce allo stesso potere, alla
stessa persona, da cui trae alimento, motivazioni, narrazione, e non c#65533;è
nulla di «misterioso» in questo: è un potere personale, riconducibile sempre
ai caratteri e alla determinazione e alla volontà di una singola persona.
Eludere la questione del potere dinamico e assoluto di Berlusconi è
condannarsi all#65533;impotenza nell#65533;opposizione al berlusconismo, e,
sostanzialmente, all#65533;assenza reale, adesso, nel «farsi storia» di questo
paese.

È ancora possibile l#65533;opposizione?
L#65533;altra questione, ben più importante, è se una opposizione è ancora
possibile nelle forme democratiche contro un potere che diventa
progressivamente extra-democratico e quindi non si sottopone a quelle regole
almeno finché non le controlla, non è sanzionabile a mezzo di quelle regole,
visto che le ha già modificate, o se piuttosto siamo apertamente nella fase
della resistenza, cioè di una opposizione che sposta il suo asse tutto
fuori. Anche qui pesa l#65533;approssimazione: non è mai possibile #65533; se non in
termini «morali», mai politici, mai di attività #65533; dichiarare aperta una fase
di resistenza contro un potere extra-democratico fin tanto che esso si
esercita a mezzo le regole democratiche. Immaginare oggi #65533; ma solo, come
dice spesso Berlusconi, per un «esercizio di scuola» #65533; un grande partito di
opposizione, come il Pd, che dichiari la resistenza contro Berlusconi, in
assenza di leggi e provvedimenti e decreti e operazioni di polizia contro la
libera associazione politica, esporrebbe alla perplessità quando non al
ridicolo internazionali, anche se, a pensarci bene, a livello
internazionale, visto il nessun peso dell#65533;Italia, Berlusconi potrà restare
sempre un fenomeno di cui curarsi relativamente. Nello stesso tempo, è
l#65533;esistenza stessa di una opposizione democratica a corroborare e
testimoniare della democraticità delle regole, che «costituzionalizza»,
insomma, il potere. La questione insomma non sta nel «tasso» di opposizione:
Casini e la sua pattuglia conservatrice-cattolica si sono smarcati dalla
leadership di Berlusconi e si barcamenano provando a mantenere un certo
radicamento in attesa di momenti migliori; il Pd faceva una opposizione
gentile con Veltroni, ce ne vuole una più puntuta con Franceschini o chi
verrà dopo; la sinistra radicale rimprovera alla sinistra riformista di non
fare mai opposizione reale; Di Pietro rimprovera a ogni altra opposizione di
perdersi per strada barattando sopravvivenze, invece di puntare dritto al
sodo; Grillo lancia le liste civiche dato che «i partiti sono morti». La
questione forse sta nel «luogo» dell#65533;opposizione.
Sembra fondamentalmente che l#65533;opposizione democratica sia ancora convinta di
una reversibilità del potere di Berlusconi, quand#65533;anche continui la sua
accumulazione progressiva. E sembra pure che questa idea di reversibilità,
quindi di crollo del suo consenso, si fondi sulla possibilità di una sua
«crisi» verticale, di consunzione fino alla disfatta, che possa
avvantaggiarsi di condizioni esterne: prima fra tutte, la crisi economica.
Questa posizione squisita sembra però non volere fare i conti con la
«natura» stessa del potere di Berlusconi, che è in grado di affrontare,
quando non propriamente di sollecitare, situazione di difficoltà, di stress,
non per mettersi in discussione ma per rivendicare una espansione del
proprio potere, impedito alla soluzione delle difficoltà da regole e
formalismi e quindi bisognoso di maggiori scioltezze: le crisi vengono
perciò imputate alle regole che frenano il potere, e su questa base, sulla
base proprio delle crisi, si cerca e trova il consenso per un aumento
cumulativo di potere. D#65533;altra parte, ogni volta che Berlusconi ha governato
le condizioni del paese sono peggiorate, come portasse sfiga: ma, a dispetto
delle cose, questo ha sempre vieppiù rafforzato la sua leadership. Solo la
rovina evidente può far crollare il consenso. Ma nessuna opposizione
democratica può volere o favorire la rovina evidente, anche perché sarebbe
l#65533;ammissione di una propria inutilità e, a sua volta, ne verrebbe essa
stessa travolta.
Il paradosso, insomma, sta qui: è l#65533;accumulazione progressiva di potere
assoluto da parte di Berlusconi che rende extra-democratica l#65533;opposizione,
mano mano che quel potere si espande a tutta la democraticità #65533; ai suoi
principi: l#65533;equilibrio dei poteri, la loro distribuzione #65533;, ma l#65533;opposizione
ne è imprigionata: prende atto di volta in volta di avere perduto un pezzo
delle regole della democraticità e prova a attestarsi su un#65533;altra linea di
difesa della democraticità. L#65533;ultima sarebbe il presidente della Repubblica,
almeno l#65533;attuale presidente della Repubblica, come custode delle regole
della democraticità, quindi l#65533;attestazione di un potere ultimo #65533; peraltro
non basato sul consenso, visto che in Italia non si elegge il presidente
della Repubblica, ma è il risultato di una votazione dei partiti
parlamentari, e quindi, benché sicuramente costituzionale, fuori dalla
portata del consenso sociale e democratico. In certo qual modo, il
retropensiero di una irreversibilità accaduta.
Per un verso l#65533;opposizione democratica aumenta il tasso di allarme rispetto
l#65533;extra-democraticità di Berlusconi, per un altro si trova a rivendicare e
esercitare un ruolo di democrazia virtuale, non avendo i numeri, e
progressivamente non trovando più le regole, per fare opposizione
democratica e parlamentare reale.

La cronaca annunciata
E si potrebbe pure dire che il nocciolo sta qui: se Berlusconi esercita
questo potere è, sostanzialmente, perché ne ha i numeri, come dire, il
popolo lo vuole #65533; al momento non sappiamo dire se anche dio ha in merito una
sua esplicita preferenza, anche se tutto lascia pensare che si sia già
espresso.
Più prosaicamente, l#65533;insistenza, intorno al caso Englaro, sulla decretazione
d#65533;emergenza per snellire le procedure di governo e renderle efficaci,
l#65533;abbozzo di modifica della Costituzione che certo non è «intoccabile»,
l#65533;approvazione del lodo Alfano, il pressing forte contro la magistratura, lo
svillaneggiamento continuo dei sindacati e l#65533;insofferenza, le tirate contro
i mass media quasi tacciati di «tradimento della patria» e di alimentare il
loop della crisi economica parlandone e scrivendone, danno la percezione che
qualcosa si sia definitivamente corrotto.

battistis[d0t]altervista[d0t]org

rel
Utente assiduo

aa



Inserito il - 10/03/2009 : 11:27:50  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di rel Invia a rel un Messaggio Privato
magari ha più senso fare una sintesi e poi riportare il link dell'articolo. altrimenti davvero nessuno legge :(
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battistis
Utente Nonno

eye_bat


Regione: Friuli-Venezia Giulia
Prov.: Verbano-Cusio-Ossola
Città: inCentroConPassAuto


Inserito il - 10/03/2009 : 12:25:04  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di battistis Invia a battistis un Messaggio Privato
Citazione:
Messaggio inserito da rel

magari ha più senso fare una sintesi e poi riportare il link dell'articolo. altrimenti davvero nessuno legge :(



hai ragione

ti ringrazio rel per esserti proposto per la sintesi
i tuoi colleghi apprezzeranno sicuramente il tuo lavoro
:D

battistis[d0t]altervista[d0t]org
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battistis
Utente Nonno

eye_bat


Regione: Friuli-Venezia Giulia
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Città: inCentroConPassAuto


Inserito il - 10/03/2009 : 12:27:05  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di battistis Invia a battistis un Messaggio Privato
skerzi a parte la sintesi la si fa in poche parole:

"quanto siamo [i]"scemi"[/b] noi che l'abbiamo fatto arrivare li dov'e' ora invece di mandarlo subito al .... " :(

battistis[d0t]altervista[d0t]org
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battistis
Utente Nonno

eye_bat


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Inserito il - 16/03/2009 : 23:45:33  Mostra Profilo  Visita l'Homepage di battistis Invia a battistis un Messaggio Privato
42 visite in cosi' pochi giorni :D

cmq. questo testo mi è arrivato per email e nn ho verificato subito la fonte
questo Lanfranco Camminiti mi pare sia un po' troppo estremistone
http://www.lanfranco.org/


forse è meglio cancellarlo questo 3D

admin?
ma dov'e' il bottone "segnala" su questo forum
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